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Racconti del Dao


Hoang-ti regnava da quindici anni, godendo della sua gran popolarità, preoccupandosi della propria salute, concedendo piacere ai suoi sensi, al punto di essere diventato smunto e assente. Regnato che ebbe trent'anni, esercitando sforzi continui, inte

llettuali e fisici, per tenere insieme l'impero e migliorare le condizioni di vita della popolazione, si ritrovò ancora più magro e affaticato. A questo punto disse a se stesso, sospirando: «Devo aver esagerato. Se non sono in grado di far del bene a me stesso, come farò ad essere benefico per tutti gli esseri?...»

Tratta questa conclusione, Hoang-ti lasciò le cure del governo, abbandonò il pa-lazzo, sciolse il suo seguito, si privò della musica, si costrinse a una dieta frugale, si ritirò in stanze appartate, e qui per tre mesi si dedicò solo a governare i propri pensieri e a dominare il suo corpo. Nel corso di questa reclusione, un giorno, mentre riposava, sognò che percorreva a piedi il paese di Hoà-su-scie. Questo paese è a ovest di Yen-ceù, non so a quante migliaia di miglia dal paese di Z'i. Non vi si può andare né in barca né in carrozza; sola può permettere di accedervi l'elevazione dello spirito. In questo paese non c'è nessun governante; tutto vi procede spontaneamente. La popolazione non ha né desideri né brame, soltanto il proprio istinto naturale.


Nessuno ama la vita, né ha paura della morte; ognuno vive fino alla sua conclusione. Non ci sono né amicizie né inimicizie. Non guadagni e non perdite. Non interessi e non timori. L'acqua non ha il potere di annegare gli abitanti, il fuoco di bruciarli. Nessun'arma può ferirli, nessuna mano può arrecargli danno. Si innalzano nell'aria come se salissero su per le scale, e si sdraiano nel vuoto come se fossero su un letto. Nubi e nebbie non interferiscono con il loro sguardo, il fragore del tuono non disturba il loro udito, nessuna bellezza o bruttezza commuove i loro cuori, nessuna altezza o profondità interferisce con i loro percorsi. L'elevazione dello spirito li conduce dappertutto.

Al risveglio, una luce tranquilla investiva l'animo dell'imperatore. Egli chiamò a sé i suoi ministri più importanti, T'ien-lao, Li-mu, T'ai-scian-chi, e disse loro: «Per tre mesi, durante il mio ritiro, ho regolato il mio interno e dominato il mio corpo, riflettendo su come avrei dovuto fare per governare senza affaticarmi. Nello stato di veglia non ho trovato soluzione, essa mi si è presentata mentre dormivo. So ora che al Principio supremo non si accede con sforzi individuali positivi. Ora si è fatta luce all'interno di me stesso, ma non posso spiegarvi di più la cosa a parole».

Dopo questo «sogno», Hoang-ti regnò ancora ventott'anni. In conseguenza di ciò l'impero prosperò, quasi quanto il paese di Hoà-su-scie. Poi l'imperatore salì verso le regioni elevate, dalle quali, due secoli dopo, il popolo ancora lo chiamava.


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