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Racconti del Dao


Lao-ci'eng-zé si era fatto ricevere alla scuola di maestro Yinn-Uenn (Coan-yinn-zé), per apprendere da lui il segreto della fantasmagoria universale. Per tre anni interi questi non gli insegnò nulla. Attribuendo questa freddezza del maestro al fatto che lo giudicasse poco capace, Lao-ci'eng-zé si scusò e offerse di ritirarsi. Maestro Yinn-Uenn, dopo averlo salutato, lo condusse nella propria stanza, e qui, senza testimoni, gli disse: «Un tempo, quando Lao-tan partì verso Ovest, riassunse per me la sua dottrina in queste parole: sia lo spirito vitale, sia il corpo grossolano, sono fantasmagoria. I termini vita e morte, indicano la genesi di un essere sotto l'azione della virtù generatrice, e la sua trasformazione finale sotto l'influenza degli agenti naturali. La successione di tali genesi, di tali trasformazioni, quando il loro numero è completo, sotto l'influsso del motore uni-versale, ecco la fantasmagoria. Il principio primo degli esseri è troppo misterioso, troppo profondo, per poter essere sondato. Noi possiamo solo studiare il divenire e il cessare corporei, i quali sono visibili e manifesti. Comprendere che il dispiegarsi cosmico consi-ste manifestamente nella successione dei due stati di vita e di morte, è questa la chiave dell'intelligenza della fantasmagoria. Io e te siamo entrambi soggetti a questa vicissitu-dine, e possiamo constatarne gli effetti su noi stessi». Ricevuto questo insegnamento, Lao-ci'eng-zé tornò a casa sua, lo meditò per tre mesi, e trovò il segreto del mistero, tanto che divenne padrone della vita e della morte, fu in grado di modificare le stagioni a volontà, produsse temporali in inverno e gelate in estate, mutò volatili in quadrupedi e viceversa. Non insegnò a nessuno questa tecnica, che nessuno ha mai riscoperto dopo di lui. Del resto, dice Lieh-tzu, se qualcuno possedesse la scienza delle trasformazioni, sa-rebbe meglio che la conservasse segreta, sarebbe opportuno che non se ne servisse. Gli antichi Sovrani non dovettero la loro rinomanza a manifestazioni straordinarie di scienza o di coraggio. Il mondo fu loro grato per aver essi agito senza ostentazione per il bene dell'umanità.

Lao-ci'eng-zé si era fatto ricevere alla scuola di maestro Yinn-Uenn (Coan-yinn-zé), per apprendere da lui il segreto della fantasmagoria universale. Per tre anni interi questi non gli insegnò nulla. Attribuendo questa freddezza del maestro al fatto che lo giudicasse poco capace, Lao-ci'eng-zé si scusò e offerse di ritirarsi. Maestro Yinn-Uenn, dopo averlo salutato (segno di stima straordinaria), lo condusse nella propria stanza, e qui, senza testimoni, gli disse: «Un tempo, quando Lao-tan partì verso Ovest, riassunse per me la sua dottrina in queste parole: sia lo spirito vitale, sia il corpo grossolano, sono fantasmagoria. I termini vita e morte, indicano la genesi di un essere sotto l'azione della virtù generatrice, e la sua trasformazione finale sotto l'influenza degli agenti naturali. La successione di tali genesi, di tali trasformazioni, quando il loro numero è completo, sotto l'influsso del motore uni-versale, ecco la fantasmagoria. Il principio primo degli esseri è troppo misterioso, troppo profondo, per poter essere sondato. Noi possiamo solo studiare il divenire e il cessare corporei, i quali sono visibili e manifesti. Comprendere che il dispiegarsi cosmico consi-ste manifestamente nella successione dei due stati di vita e di morte, è questa la chiave dell'intelligenza della fantasmagoria. Io e te siamo entrambi soggetti a questa vicissitu-dine, e possiamo constatarne gli effetti su noi stessi». Ricevuto questo insegnamento, Lao-ci'eng-zé tornò a casa sua, lo meditò per tre mesi, e trovò il segreto del mistero, tanto che divenne padrone della vita e della morte, fu in grado di modificare le stagioni a volontà, produsse temporali in inverno e gelate in estate, mutò volatili in quadrupedi e viceversa. Non insegnò a nessuno questa tecnica, che nessuno ha mai riscoperto dopo di lui. Del resto, dice Lieh-tzu, se qualcuno possedesse la scienza delle trasformazioni, sa-rebbe meglio che la conservasse segreta, sarebbe opportuno che non se ne servisse. Gli antichi Sovrani non dovettero la loro rinomanza a manifestazioni straordinarie di scienza o di coraggio. Il mondo fu loro grato per aver essi agito senza ostentazione per il bene dell'umanità.

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